martedì 5 giugno 2012

Il Ginecologo Luigi Langella discute di citologia vaginale

Il metodo citologico consente in alcuni casi specifici la diagnosi differenziale tra minaccia di aborto, aborto inevitabile e incompleto. Si può diagnosticare un aborto incompleto solo se nel secreto aspirato sono presenti elementi trofoblastici.


Ginecologo_Luigi_Langella
Questo però avviene raramente. Di solito gli strisci ottenuti da pazienti in cui si verifica una espulsione incompleta del prodotto di concepimento, evidenziano cellule squamose, cellule endocervicali ed endometriali, sangue, leucociti ed istiociti. Gli effetti del progesterone in tali casi non possono essere valutati.
Vediamo allora alcuni casi analizzati in un documento a cura del Ginecologo Luigi Langella.

Quando il feto non sopravvive in utero, si verifica una improvvisa caduta dei livelli ematici di estrogeni e progesterone, lo striscio risulterà quindi non particolarmente significativo.
Alcuni autori (Montalvo Ruiz, 1959; von Haam, 1961) hanno sostenuto che dopo la morte del feto, lo striscio assume lo stesso aspetto del post-partum, con una alta percentuale di cellule parabasali.
Ci sono controversie su questo punto e altri ginecologi non accettano questa spiegazione.
Infatti può avvenire che le cellule parabasali compaiano per un breve lasso di tempo e non possano essere osservate se non si conosce il momento della morte placentare.

Se al contrario si danneggia intenzionalmente la placenta, potremo assistere a una rapida transizione da un quadro con cellule nevicolari ad un quadro di cellule parabasali.
Riguardo l'attività proliferativa, essa si denota quando le ovaie reagiscono alle gonadotropine.

In definitiva la citologia vaginale costituisce un metodo di valutazione per gli effetti del progesterone nel corso della gravidanza, e può essere adoperato per conoscere la  funzionalità della placenta prima che sopraggiungano segni di minaccia d'aborto o di sofferenza del feto. E' di particolare importanza nel primo trimestre di gestazione.

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